Morte a credito. Céline e il racconto della fine

Morte a credito. Céline e il racconto della fine

Articolo di Martino Ciano – già pubblicato sul blog di Giacomo Verri

Ferdinand lo sapeva bene che scrivendo questo libro sarebbe diventato immortale, anche se i tempi non erano maturi, anche se tutto era contro di lui. Un vero scrittore, però, se ne infischia delle epoche, della retorica e dell’educazione.

Sapeva bene che descrivendo la propria dissoluzione avrebbe parlato anche di quella degli altri. Un sentore comune è un fiore che sboccia nell’inconscio collettivo e sempre di più cresce nell’anima delle generazioni che verranno.

Sapeva bene che i debiti si scontano vivendo. La morte è un casello dove non si paga il pedaggio. Arriviamo alla fine del percorso esausti, pronti a dire finalmente è finita. Cos’altro può chiederci la morte se per raggiungerla ci siamo già dannati?

Sapeva bene Ferdinand che raccontando della sua adolescenza, vissuta in quei primi anni del XX secolo, in quel periodo che gli storici chiamano Belle Époque, avrebbe potuto raccontare solo del bel marciume che si annidava nella sua Francia malata di positivismo e di “borghesismo”.

Lui, ragazzino, poi adolescente, poi pronto a partire per la Grande Guerra.

Lui, che si fidava solo di suo zio.

Lui, che usava l’indifferenza per ribellarsi ai propri genitori.

Lui, che non voleva studiare, che non voleva lavorare, che non riusciva a dare un senso alla sua vita.

Lui, che si faceva le prime scopate con una donna matura.

Lui, che se lo faceva succhiare da un ragazzino più piccolo, ma buongustaio, perché aveva scoperto che le palle di Ferdinand producevano tanta sborra.

Lui sapeva benissimo che scrivendo queste parole nel 1936 avrebbe creato ribrezzo e disapprovazione.

Il degenerato Céline, però, ha tirato dritto per la sua strada. La realtà è un insieme di cose che hanno un nome e un cognome. Non hanno un senso, così come non ce l’ha la vita di ogni essere umano, a meno che non si lotti per essere se stessi. Perciò Ferdinand se ne andava a zonzo, infischiandosene delle belle maniere, delle belle parole e dei buoni costumi. Doveva scoprire la sua vocazione, se stesso, il senso del non senso della vita.

Solo portando a termine questo difficoltoso viaggio ci meritiamo la giusta morte, quella assegnataci “a credito”, come una ricompensa.

Ed è così che il degenerato Céline parla a tutti noi.

Per questo Morte a credito è una pietra miliare.

Chi non legge questo romanzo è destinato a non veder mai terminare la propria notte.

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