Carlos Ruiz Zafón. Il burattinaio delle parole

Carlos Ruiz Zafón. Il burattinaio delle parole

Articolo di Letizia Falzone.

“I libri perduti nel tempo, vivono per sempre, in attesa del giorno in cui potranno tornare nelle mani di un nuovo lettore, di un nuovo spirito.”

I suoi libri hanno incantato milioni di lettori e sul suo romanzo più celebre – L’ombra del vento – sono stati scritti fiumi di parole, recensioni e anche tesi di laurea.
Come fosse possibile tutto ciò, lo raccontava lui stesso nelle interviste: stregoneria.
Parole che aveva marchiate nell’anima e alle quali aveva cercato di sfuggire in tutti i modi.

Ma chi era Carlos Ruiz Zafón?
Nasce a Barcellona il 25 settembre del 1964.
Dopo aver studiato presso un collegio di gesuiti, il giovane Zafón inizia a lavorare nell’ambito pubblicitario, fino a diventare direttore creativo di un’importante agenzia pubblicitaria spagnola.
Inizia la sua carriera nel 1993 come narratore con la Trilogia della Nebbia, dedicandosi principalmente a libri per bambini e adolescenti. A questa serie è poi seguito Marina, un libro molto intenso e carico di emozioni.
I primi riscontri dai lettori lo spingono a scrivere ancora ma è nel 2001 che viene consacrato il suo successo, tale da renderlo un autore di fama mondiale, tra i migliori romanzieri contemporanei.
‘L’ombra del Vento’ riesce a scalare le classifiche letterarie spagnole e mondiali, grazie al passaparola degli entusiasti lettori che lo fanno diventare un vero successo editoriale.
Con più di 8 milioni di copie vendute nel mondo, di cui un milione e mezzo solo in Italia, Zafón viene acclamato come una delle grandi rivelazioni letterarie degli ultimi anni.

Nei suoi romanzi ha raccontato sempre la sua Barcellona: una città misteriosa e inquietante che milioni di fan hanno cercato di ritrovare in pellegrinaggi nei luoghi delle sue storie, ma dalla quale mancava da quasi trent’anni.
Una Barcellona ormai nascosta sotto il peso dell’urbanizzazione e del turismo di massa. Una città che ancora conservava le cicatrici di un violento passato, tra carceri franchiste e carcasse lasciate dai bombardamenti, eppure caratterizzata da una profonda magia, legata allo stile architettonico liberty e allo stretto legame con i draghi. Probabilmente era per questo che, nella sua casa a Los Angeles, in una stanza soprannominata “la dragonera”, l’autore collezionava statue dell’animale mitologico.
Una Barcellona che viveva più nella sua anima di scrittore che nelle vie affollate di turisti e che neppure decine e decine di anni trascorsi nel suo esatto opposto – la sbrilluccicante Los Angeles – erano riusciti a cancellare.

Nella tetralogia del Cimitero dei Libri Dimenticati, Zafón è riuscito a creare quattro differenti porte d’accesso: ogni libro è a sé stante ma, allo stesso tempo, completa una parte del puzzle degli altri tre.
Lo stesso autore, dopotutto, ha dichiarato che si tratta di una storia che non ha principio né fine, ma solo porte d’accesso. Porte che sono, appunto, i quattro romanzi: L’ombra del vento (2002), Il gioco dell’angelo (2008) e Il prigioniero del cielo (2011). Infine, chiude la raccolta Il labirinto degli spiriti, pubblicato nel 2016.
Tra gli innumerevoli personaggi che si incontrano nella saga di Zafón, il principale protagonista della storia è il libro stesso. Fin dalla prima pubblicazione, leggere questa tetralogia suscita l’incredibile desiderio di trovarsi insieme a Daniel Sempere, nel corso delle sue avventure, immersi tra distese infinite di libri dimenticati. Probabilmente, chi è appassionato di lettura e chi persino si ritrova ad amare l’odore dei libri, sarà ammaliato da questi capolavori, in grado di far sognare un mondo incantato, tra storie sepolte e magia.
 
“Entrai nella libreria e aspirai quel profumo di libri e magia che inspiegabilmente a nessuno era ancora venuto in mente di  imbottigliare.”

Un fil rouge d’inquietudine lega tutte le opere di Zafón, impegnato a farci dubitare, tramutando il Male in qualcosa al limite tra realtà e incubo: il maligno si intromette nelle nostre vite, o è una parte strutturata di noi stessi?

Da anni malato di cancro Zafón è deceduto nella sua casa di Malibù, a Los Angeles il 19 giugno 2020. Ha voluto congedarsi per sempre dai suoi lettori regalando la sua ultima opera – La città di vapore -.
L’ultima volta che sentiremo la sua voce narrativa trasportarci nel suo mondo fantastico, onirico, nel suo universo di mistero e incantamento, è una sensazione struggente. Colpisce come un pugno in pieno viso.
Per il lettore che, come me, ha amato nel profondo lo scrittore catalano e ha letto tutti i suoi romanzi, rappresenta la consapevolezza fredda e inevitabile che altro non leggerà più, che l’unica strada per ritrovare quelle sensazioni che tanto lo hanno scosso alla lettura dei suoi libri, sarà soltanto rileggerli. Sperando di averli dimenticati nel frattempo.
Zafón è stato un autore riservato e pacato, che ha accompagnato con la sua passione lettrici e lettori nel suo mondo letterario, fatto non solo di fantasmi, draghi e burattini, ma di persone, umanità e realtà.
Una delle sue frasi preferite era “quello che scrivi, è ciò che più ti somiglia”, per questo, forse, la maniera più semplice per ricordarlo sarà continuando – o iniziando – a leggere le sue storie, anche perché “ogni libro possiede un’anima, l’anima di chi lo ha scritto e di coloro che lo hanno letto, di chi ha vissuto e di chi ha sognato grazie ad esso”.

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