Calabria donna araba
Articolo di Saverio Di Giorno
Calabria donna. Calabria donna dalle forme voluminose, donna con i capezzoli aguzzi come le sue cime, femmina generosa di curve e di insenature. Violenta nei colori l’azzurro duro, il nero profondo dei crepacci. Calabria donna. Africana o orientale. Sì, medio orientale, araba, forse addirittura islamica. Non europea.
Arabo è il tuo linguaggio e i tuoi suoni. Spigolosi, profondi. Araba è la tua essenza. Inshallah dicono le terre di sabbia e cioè “non dire mai domani farò questo senza aggiungere se Dio vuole”; Ni vidimu domani? Si Dio vo’ dicono sull’uscio gli anziani prima di salutarsi al tramonto. I veli a copertura del corpo che troppo spesso si fanno repressione suggeriscono: ‘mostra solo gli occhi, il resto coprilo: non serve altro per affacciarsi nell’anima di una persona, anzi induce in tentazione, distrae’; ‘con il mafioso di paese abbassa lo sguardo, se sostieni lo sguardo è una sfida, ti metti alla pari’, è, anche, la legge coranica calabrese che imparano tutti già da bambini. È meglio non rappresentare Dio, dicono alcuni islamisti, impossibile pronunciarlo addirittura per gli Ebrei (YHWH). ‘Sussurra tutto ciò che è più potente di te’ è il consiglio che vige in questa terra sfasciata: “è morta di un brutto male”, “si candida il compare”, “me lo ha detto …” con il rito di gesti che segue. Non si scrivono mai i nomi dei responsabili collusi sui giornali. Chi ascolta un anziano, ascolta un oracolo cantavano Berberi, Igbo, Akan e molte altre culture dell’Africa che sottolineavano l’importanza della tradizione e della sapienza antica quando ad Occidente si accoglieva la ferocia furiosa positivista e progressista; non si dice mai di no al vino del nonno e agli insegnamenti antichi anche se ti insegnano ‘a non essere fesso’ (che poi vuol dire non essere onesto), anche se ti ripetono ‘futtitinn’ ‘futt o sarai futtut’ fino al più criminale si è sempre fatto così.
Calabria donna subsahariana. Donna disperata, donna in fuga. Donna dura che si lascia abusare dai carcerieri e dai potenti ed espone al mare dei compromessi i suoi figli pur di migliorargli il futuro. Donna costretta alla durezza per poter salutare i figli in partenza. Di più. Calabria donna talebana. Donna senza diritti, donna fuori dal mondo, donna sottomessa e rinchiusa. Nell’harem dei suoi padroni. Donna asservita e silenziata.
No. Mi scuso. Calabria non hai la rabbia che fa bellissime le donne che si stanno rivoltando in Iran. Non hai la dignità delle donne africane che fradice e stanche tacciono sulle loro ferite e sui loro drammi. Calabria a te piace invece il piagnisteo, piace mostrare il pus purulento che emana dalle tue ferite e piace lamentartene per essere compatita, accarezzata, accudita. Come una cagna. Mai pretendi una cura. Non hai nemmeno la dolcezza delle donne che preparano il vestito al proprio uomo non per sottomissione, ma per libera scelta d’amore. Non più. I tuoi servigi al padrone solo lascivi, quasi compiaciuti, pretendono sempre una contropartita. Per la tua sottomissione ti basta ricevere un piatto caldo di tanto in tanto. Una prostituta prima obbligata e che ora ha imparato il mestiere e lo ripete.
Infine. Calabria donna greca. Abituata a non partecipare della democrazia nella terra che l’ha inventata. Abituata ad insegnare ai figli gli unici valori: la vergogna e l’onore. Donna greca dal ventre maledetto reso infetto da rifiuti tossici, cadaveri e sangue innocente filtrato nella terra. Donna greca che, come ogni donna greca, trasmette la colpa dei Padri – colpevoli del disastro – ai Figli. Figli che possono decidere di restare figli colpevoli scappando. La fuga è la colpa, non la condanna. (Nessun esilio si desidera!) Figli che, altrimenti possono decidere di diventare Padri, restando. Sommando colpa a colpe.
Ai figli non colpevoli – novelli Prometeo – che decidono di ribellarsi, di disconoscere i Padri e i Nonni e seguire maestri insani, di leggere Baudelaire, a coloro che non abbassano lo sguardo, che guardano gli Dei della Calabria e si rivolgono quindi a Satana dicendo ‘abbi pietà di me!’, solo a questi blasfemi arriva la condanna: il fegato dilaniato. Calabria terra di colpevoli senza condanna e di non-colpevoli condannati (non esistono innocenti di nascita!), tu solo insegni che l’unica innocenza possibile ribellione feroce. L’unico modo per mondarsi di questo mondo immondo. Ricordatevi: il fegato dilaniato di Prometeo ricresce ogni notte.