Bartolomeo Bellanova: “Il mio libro ‘Perdite’ riflette sugli errori umani, ma si apre alla speranza dell’amore”
Intervista di Clelia Moscariello
Bartolomeo Bellanova è nato a Bologna nel 1965, qui, dopo aver studiato e lavorato nel settore creditizio, dà vita al suo primo romanzo “La fuga e il risveglio”, pubblicato da Albatros Il Filo, nel 2009 e, in seguito: “Ogni lacrima è degna”, che esce per In.Edit nel 2012. Ha partecipato poi a svariate antologie poetiche, tra le quali, “Sotto il cielo di Lampedusa – Annegati da respingimento”, che esce nel 2014 e “Sotto il cielo di Lampedusa – Nessun uomo è un’isola”, che viene alla luce nel 2015, entrambe le raccolte sono pubblicate da Rayuela Ed. Bartolomeo Bellanova appartiene anche al team di ideatori e redattori de La Macchina Sognante. Nel settembre 2015 esce la silloge “A perdicuore – Versi Scomposti e liberati” (David and Matthaus). L’autore bolognese cura anche insieme ad altri colleghi l’antologia “Muovimenti – Segnali da un mondo viandante”, pubblicata da Terre d’Ulivi Edizione nel 2016, focalizzata sul tema delle migrazioni. Ad ottobre 2017 sarà la volta della raccolta di poesie “Gocce insorgenti”, che verrà pubblicata da Terre d’Ulivi Edizione) e contiene altresì un progetto fotografico creato da Aldo Tomaino. Bartolomeo è inoltre il co-autore dell’antologia edita nell’anno 2018 dall’Associazione Versante Ripido di Bologna: “La pacchia è strafinita”. Oltretutto lo scrittore, pubblica ancora nel 2018 il suo terzo romanzo “La storia scartata” che esce nuovamente per Terre d’Ulivi Edizione. Infine, la silloge “Perdite”, pubblicata da Puntoacapo editore, è la sua ultima opera, datata 2022.
1) Ciao Bartolomeo, che evoluzione ha subito il tuo stile di scrittore e come è cambiata la sua prospettiva a partire dalla tua prima opera (dal romanzo “La fuga e il risveglio”, Il Filo, 2009), arrivando sino all’ultima (la silloge poetica “Perdite”, Puntoacapo editore, 2022)?
«Ciao Clelia e un saluto da Bologna ai nostri lettori. “La fuga e il risveglio” viene pubblicato nel 2009, ma è il frutto di una lunga e sofferta gestazione, essendo un racconto con un ampio vissuto autobiografico, in cui il protagonista, giunto alla soglia dei quarant’anni, fa un bilancio della propria vita e scopre lucidamente di non avere mai vissuto davvero. La mia scrittura nasce, quindi, da un insopprimibile impulso personale che non poteva restare ancora inespresso, tant’è che nell’esergo che apre il primo romanzo ho dichiarato di non sapere dove mi avrebbe portato questo viaggio, con l’unica certezza che nulla sarebbe stato più come prima. In effetti, da allora è iniziato un percorso di studio e approfondimento della parola e dei temi d’elezione, ancora quotidianamente in corso, che mi ha portato ai successivi romanzi brevi “Ogni lacrima è degna” del 2012 e “La storia scartata” nel 2018. Per quanto riguarda la poesia, è lei che mi ha cercato e che in quegli stessi anni si è impossessata di me, coi primi tentativi di versificazione e gli approfondimenti dei miei “fondamentali”, quali per citarne alcuni, autori “classici” quali Pablo Neruda, Federico Garcia Llorca, Giuseppe Ungaretti, Eugenio Montale, Giorgio Caproni, Franco Fortini e Mahmoud Darwish. La mia prima pubblicazione di poesia è del 2015 (“A perdicuore”), in cui l’”io” lirico esprime le sue gioie e le sue ansie soprattutto rivolte all’amore e alla passione, a cui seguono “Gocce Insorgenti” nel 2017, “Diramazioni” nel 2021 e “Perdite”, l’ultima silloge nata a ottobre 2022. I temi sono diventati, in particolare, quelli di uno scandaglio appassionato e profondo nella nostra società dei consumati, nelle nostre contraddizioni e violenze. La parola si è fatta più rarefatta, meno aggettivata, più essenziale. Da quasi cinque anni mi sto dedicando alla ricerca poetica, leggendo quotidianamente autori contemporanei italiani e “non”, con la consapevolezza delle possibilità immense che ha la parola poetica di arrivare a “colpire” in profondità l’animo, anche dove la narrativa spesso non riesce ad arrivare».
2) Sei molto attivo sul piano sociale e politico e sei curatore di diverse antologie. Inoltre, fai parte della redazione della rivista culturale de La Macchina Sognante. Dunque, se i nostri lettori fossero la platea privilegiata di un tuo discorso sull’argomento, quale sarebbe in poche parole il messaggio che daresti loro?
«Preciso che la mia attività, per così dire, sociale e politica, è relativa al campo letterario e culturale, non ad altri contesti. Usando le parole del compianto scrittore brasiliano Julio Monteiro Martins, che ho conosciuto nel 2014 a pochi mesi dalla sua morte prematura, credo che “lo scrittore sia la riserva etica dell’umanità”. Non riesco a concepire un’attività culturale che non abbia a cuore prima di tutto l’uomo nella sua interezza di vita; l’uomo moderno vive in società complesse, sempre più complesse, dirette da meccanismi più o meno evidenti di sopraffazione e sfruttamento. La mia è una militanza umana, ancor prima che politica, perché non basata su presupposti ideologici, ma sulla consapevolezza del nostro destino comune come razza umana. Credo che, soprattutto in un periodo così feroce e insicuro come il presente dove si uniscono pandemie, guerre e crisi climatica sempre più evidente, tutti noi che operiamo con i propri strumenti e con i mezzi artistici a disposizione (la poesia, il canto, il teatro, la musica, la pittura ecc…) dovremmo unire i nostri sforzi per diventare una sorta di avanguardia umana che possa risvegliare i nostri miliardi di simili da un destino di morte ed estinzione. Chi fa arte dovrebbe abbandonare la difesa delle proprie piccole posizioni di potere o il protagonismo eccessivo del proprio ego, per costruire una rete condivisa, ampia e di liberazione».
3) Perché i nostri lettori dovrebbero acquistare “Perdite”?
«“Perdite” è una raccolta coesa di parte dei testi scritti negli ultimi due anni a tema, appunto, le nostre perdite comuni. Perdite personali delle persone care, di abilità psichiche e fisiche con il trascorrere inesorabile degli anni, è una riflessione sul nostro comune destino di finitudine. Il trapasso umano non è visto, però, come la fine e il nulla. Provando faticosamente a cogliere i segnali nella meditazione del silenzio, possiamo percepire “la comunione dei vivi e dei morti” (come scrive Giovanni Raboni), possiamo provare a immaginare non la morte come stacco definitivo, ma come trasformazione perenne. “Perdite” è anche una riflessione sulle varie patologie dell’uomo, dal consumismo, alla violenza gratuita verso la propria specie, verso gli altri esseri viventi e verso “Madre Terra” comune. Nell’ultima sezione si apre ad una scintilla di speranza che può giungere solo dall’amore perché, come ha scritto Dereck Walcott nei bellissimi verso che fanno da esergo a questa sezione: “…sia che lo proviamo per una bestia, / un bambino, una donna, o un amico, / è il vero amore, è identico, / ed è benedetto / nel modo più profondo della perdita / è benedetto, è benedetto”».
4) Tra i tuoi prossimi progetti rientrano anche altri libri?
«Dopo la pubblicazione di “Perdite” ho scritto altri testi poetici che rientrano in un cantiere, un lavoro in corso su cui concentrerò la mia attività. Sto lavorando sulla “de-individuazione” dell’io lirico dal testo, sulla voce del poeta che si mette sempre più di lato per prediligere la dimensione collettiva del testo».
5) Rivelaci un tuo sogno come uomo e come scrittore…
«Il mio sogno come uomo è contribuire a dare un futuro vivibile ai miei figli e ai miei nipoti, evitare con ogni mezzo possibile, la catastrofe climatica, vedere, cioè, che nei prossimi dieci o vent’anni ci sia il tangibile inizio di un’inversione di rotta rispetto ad oggi. Il mio sogno come scrittore è poter migliorare ogni giorno la mia scrittura e poter continuare a portare in giro per l’Italia i miei testi, dove trovo prima di tutto amicizia vera e, se posso permettermi, fare un incontro con tanti lettori e scrittori di poesia a Napoli».