E ballavi nel bosco…

Articolo e foto di Martino Ciano
Era un rito dedicato alla speranza quel tuo ballo tra i boschi assolati. Iniziava al mattino e terminava all’imbrunire, quando l’aria pizzicava la pelle. Pregavi sotto il sole mitigato dalle chiome degli alberi e i raggi che filtravano tra i rami ti osservavano timorosi, ché anche loro non volevano disturbare i tuoi sospiri.
Dicevi che ci vorrebbe la consapevolezza che oltre l’orizzonte c’è sempre un’altra casa da abitare, che anche i morti tornano a volte sulla Terra per stare tra gli uomini quando hanno dimenticato loro stessi. Ingombrante è sapersi individui, autonomi e Io tra tanti Io in cerca di proseliti.
Dicevi che l’esistenza si fa semplice nel momento in cui si guarda il cielo come se fosse sempre azzurro, anche durante la notte, quando le stelle vegliano sui dolori e sulle speranze di coloro che si affidano al silenzio. Tu volevi che ciò si compisse, ché un’anima sa contenere tutte le anime e sa vestirsi di candore e di pece, di amore e di odio, ma in lei ogni cosa avviene prima ancora che si manifesti agli occhi del mondo il gesto distruttore o la carezza che sa spezzare le catene.
Di speranza vera ti cingevi il capo, perché tu ballavi e invocavi, quindi costruivi in spirito e corpo. Non avevi paura della stanchezza, del sudore, dell’arsura e della fame. Non sentivi il tuo corpo. C’erano i resuscitati intorno a te, c’erano gli increati in attesa del loro momento e della loro realizzazione. Tu li chiamavi per nome, loro non rispondevano; loro non potevano rispondere, ché nel mondo in cui avevano trovato riposo non ci sono nomi e cognomi, solo un sorriso o una risata capace di destare o di placare.
Ti spiavo sempre dalla mia finestra, senza disturbarti, senza attirare l’attenzione. Ti lasciavo fare, fin quando non sei sparita. Ho atteso per un mese il tuo ritorno, danzavo come te, come se tu potessi vedermi o sentire il rumore dei miei passi. Nulla, tu eri scomparsa.
Sono venuto a cercarti. Ho chiesto e richiesto di te ma è come se tu non fossi mai esistita. Un giorno, una donna mi prese da parte incuriosita dalle domande che ponevo. Mi disse che tu eri ormai una leggenda, anche se eri esistita davvero. Eri morta cinquant’anni fa proprio tra quei boschi. Tu apparivi, vero. Tu ammaliavi, vero. Tu eri buona, vero. Tu forse eri pazza.
Tu ormai eri dentro di me.