Arthur Schnitzler, un Doppio sogno che ha fatto epoca

Se la letteratura ha il compito di stravolgere il pensiero comune e soprattutto di dare al lettore, sia accanito che occasionale, altri punti di vista dai quali scrutare il mondo, allora il libro di Schnitzler risponde a queste esigenze.

Scritto nel 1926 da un medico austriaco con la passione per la letteratura, il libro narra di una coppia di coniugi, Albertine e Fridolin, che vivono una vita apparentemente normale, borghese, felice, ma piatta. La loro voglia di evadere si tramuta in sogni, in feste inquietanti che si tengono in saloni antichi dove donne e uomini mascherati praticano culti orgiastici. L’apparenza diventa realtà, i desideri nascosti si materializzano.

L’autore investiga in profondità l’animo dei protagonisti. Siamo nell’epoca della psicanalisi; le fantasie erotiche della borghesia del tempo diventano il pane quotidiano di Freud e compagni. Schnitzler ne è un degno seguace, mettendo la psicologia al servizio della letteratura. Ma la capacità di questo libro sta nel disorientare. Sogno e realtà si uniscono, impossibile distinguere l’uno dall’altra.

Fridolin è un medico. Una sera esce di casa dopo una breve discussione con la moglie. È notte. Comincia il suo cammino sospeso. Da una parte la città, dall’altra i suoi pensieri. Una discesa all’inferno; un mondo onirico, che non conosce, fa capolino dalla sua coscienza. Tutto termina in quello strano salone dove incontra qualcuno di familiare.

Il libro si legge in un paio di ore. La scrittura è fluida; appassionarvi a questo viaggio negli inferi sarà semplice come bere un bicchiere d’acqua. Però, le 114 pagine di questa favola lasceranno in voi segni profondi.

La storia, infatti, gioca con paure e istinti primordiali. Non è un caso che da questo romanzo di smarrimenti paralleli, Stanley Kubrick abbia tratto il suo Eyes wide shut.

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