L’albero del Ténéré. Alessandro Andrei e le “ragioni dello spaesamento”

L’albero del Ténéré. Alessandro Andrei e le “ragioni dello spaesamento”

Recensione di Martino Ciano. In copertina: “L’albero del Ténéré” di Alessandro Andrei, Wojtek edizioni, 2024

Come si può mettere in ordine il caos degli eventi, soprattutto se è frutto di momenti già vissuti e consumati, i cui effetti si manifestano ancora attraverso comportamenti che richiederebbero un cambio vita radicale, oltre che di pensiero? È il dilemma che si impone davanti agli occhi di Antoine, protagonista del romanzo di Alessandro Andrei.

È cresciuto a Parigi, ha vissuto situazioni complesse, atroci, nei peggiori quartieri della Capitale francese. Aveva una venerazione per suo zio, Ernesto, componente di un gruppo terroristico di estrema sinistra; da adolescente ha sfidato il destino e si è scottato; poi, tutto è svanito. La vita ha portato Antoine in Italia, lo ha gettato nel mezzo di Milano, città in cui ha vestito i panni del broker finanziario. Le scelte che ha fatto lo hanno allontanato dalle sue idee, dal suo modo di vivere e soprattutto da suo zio, che a sua volta ha fatto perdere le sue tracce.

Venti anni più tardi, con una lettera giunta da Marrakech, in Marocco, Antoine viene avvisato che Ernesto è morto e che una cospicua eredità lo aspetta. Lui andrà e scoprirà tante verità con le quali potrà riordinare il caos, forse.

Questi i punti cardine di una storia in cui sono inseriti sapienti colpi di scena, i quali ci danno la possibilità di costruire insieme ad Antoine la ragnatela degli eventi di un passato accantonato e mai analizzato. Proprio il passato, il cui peso viene alleggerito con Xanax e altri rimedi, è il grumo che pian piano si scioglie e che permette al protagonista di liberarsi da quella “forza oscura” che rende la sua vita monotona, ripetitiva. Ma, come spesso capita, questo andirivieni lungo le vie della memoria e dell’inconscio non è sempre il modo migliore con cui risolvere i conflitti.

C’è un altro aspetto interessante di Antoine, la sua apparente indifferenza con cui tiene a distanza sensazioni ed emozioni. Insegue anche lui un amore perduto, quello di Francesca che gli aveva chiesto un figlio. Ma forse Francesca è stato solo il riflesso di un amore adolescenziale, di un trauma rimosso e impossibile da superare, perché pieno di violenza, morte e rimorso. Il fatto che Antoine neghi, prima a se stesso poi alla sua compagna, la possibilità di far nascere dall’amore di coppia un figlio, è frutto dell’idea, inculcatagli in gioventù, di essere parte di una progenie malata che dovrebbe aspirare all’estinzione.

La beata rassegnazione di Antoine, che così appare agli occhi degli altri, lo rende un personaggio alienato, impaurito dalle sue reazioni, preoccupato della possibilità che il passato possa risvegliare i suoi dolori. Alla fine tutto ciò succederà, perché gli eventi non possono essere anestetizzati per sempre. Così il romanzo di Andrei sa essere tanto un resoconto, quanto un racconto dinamico caratterizzato da una forte matrice psicologica.

Prima della trama, infatti, è il modo in cui viene sviluppato il “tema” di uno spaesamento che è sempre sintomo di una ricerca confusa dell’origine, delle radici, delle cause prime che molte volte sono inspiegabili. Non è un caso che, proprio nel momento in cui Antoine smette di “porsi domande”, le risposte arrivino dal suo “rimosso”, da ciò che in fondo era sempre stato in lui.

Resiste a ogni colpo del destino Antoine, come un albero che riesce a mettere radici nel deserto. 

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