Ada Crippa. Coma. La vita Felice
Recensione a cura di Martino Ciano
Nelle parole di Ada Crippa ritroviamo l’attesa e la visione, il pre-giudizio che guida la ricerca, affinché ciò che arrivi dopo non sia una sentenza, ma un atto concreto di comprensione che vada al di là del senso comune. In queste liriche in cui l’amata sta al capezzale del proprio congiunto, ormai morente, pronto a oltrepassare, la poesia diventa un ponte verso la liberazione. Se il dolore è qualcosa di umano, che resta nel cuore di chi ancora soggiorna sulla Terra, allora, la morte non può che essere il momento dell’espiazione, della pace, dell’innecessario rimorso.
Ada Crippa si muove così: di fronte alla morte di un proprio caro tutto è inspiegabile, ma è proprio ora che si schiude l’essenza della verità. Eppure, ciò che non può essere spiegato a parole, diventa contemplazione, cosa in sé, per cui non esiste traducibilità, bensì silenzio e approvazione. In questo gioco che si fa giogo da cui la poetessa non vuole liberarsi, ecco la poesia, che è superamento del senso, della realtà e innesto di nuovi significati nella quotidianità.
Non esiste la morte, ma non esiste neanche la vita come noi la intendiamo. In questi versi compaiono la sospensione, la liturgia del limite, la preghiera dell’uomo che si ferma sull’abisso e ha il coraggio di scrutarlo senza giudicarlo.
Solo attraverso questa immersione nella totalità possiamo comprendere perché per Ada Crippa la grazia della bellezza/portata con silenzio/è un ponte per ogni precipizio. Solo attraverso l’accettazione del trapasso possiamo assaporare il senso della durata, che si manifesta nel ricordo, nella nostalgia che riunisce i pezzi e che si vendica delle Furie, evirando nuovamente quel Tempo divoratore da cui tutto ha avuto inizio.
Sono tornata qui/con lo sguardo del disincanto/sul cuore infranto della terra/dove vissute radici sciolte dal tempo/abbracciano il tuo corpo diafane essenze/accogliendolo nell’impasto materno/restituzione vitale nel cerchio della vita/sorride il cielo/allo sguardo senza veli/ai petali delle rose che ti sono manto/al tuo sepolcro.
Ed è così che l’uomo resta frastornato davanti a quella morte che si ripete, che strappa per riunire all’eternità. Che sia giusta o che sia sbagliata, Ella è e non si nasconde ed è per questo che la vita rimane inerme/inginocchiata/in attesa che l’aria torni/o che il destino si compia.
Solo nudi e disarmati possiamo leggere i “coraggiosi versi”, come li ha definiti Nadia Lisanti nella sua prefazione, composti da Ada Crippa.
Solo nudi e disarmati possiamo leggere i “coraggiosi versi”, come li ha definiti Nadia Lisanti nella sua prefazione, composti da Ada Crippa.