A te, Calabria… di sogno e disincanto

A te, Calabria… di sogno e disincanto

Articolo di Wanda Lamonica

La mia terra è bella. Se avesse gli occhi, sarebbero neri come le olive che mangiavo dai nonni, d’estate. E sarebbero profondi, sì, tanto profondi. Come quei tratti di mare più blu, dove i miei cugini più grandi si tuffavano per fare le loro gare stupide. La mia terra è madre. Allatta tanti figli per poi vederli andare via tutti. È triste, quando nemmeno le radici più forti bastano ad ancorarli a sé… i propri figli. L’amore, da solo, sfama solo le farfalle nello stomaco.

La mia terra ha sapori antichi. Infuoca con piccoli diavolicchi, raccolti in rosse trecce sospese sui balconi. Sorprende, quando con un solo ferretto sa attorcigliare cordoncini di impasto fatto di semola e acqua per cuocerli e condirli col ragù buono della domenica. Chiacchiera a lungo col sole in cambio di una sua carezza su tutti i fichi lasciati all’aria, sui graticci, a seccare.

La mia terra, se le avesse, avrebbe spalle larghe. Per porgerne una all’amico che piange. Per affrontare le difficoltà senza indietreggiare mai. Per farle andare su e giù, quando si diverte. Perché la mia terra ride.

La mia terra è colorata. Ha l’argento delle foglie di ulivo che vibrano al vento come le dita dei bimbi, durante gli applausi silenziosi, nella lingua dei segni. Ha arredamenti singolari, con certi lampadari strani, fatti di insaccati penzolanti e tappeti profumati di origano selvatico. La mia terra è accogliente. Ha il sole con le braccia lunghe per accogliere l’ospite. Ha un caffè sempre pronto, da versare. E un pezzo di pane giallo sul tavolo, sul tagliere di legno.

La mia terra è umile. Si inchina al bello e al buono. Al ricordo e all’eterno. È cocciuta e fiera, sa di sale e di preghiera. Incatenata ad attese e fatue promesse da sempre, come una fedele sposa che aspetta improbabili nozze. La mia terra è aspra e dolce. Come il rimprovero di un padre, come il suo stesso, necessario, perdono.

La mia terra danza. E se avesse i piedi, sarebbe scalza. Balla al tramonto, con uno scialle enorme che sfiora il sole. Poi si mette in posa per farsi fare le foto col mare. La mia terra è suggestiva. Con i suoi borghi antichi aggrappati ad alture scoscese. Con quelle tracce di storia antica che ritorna a farsi ripassare nei luoghi magici della memoria. La mia terra non dimentica. È vecchia e bambina, rassegnata e birichina. Perdona, sì, ma non dimentica. Studia le impronte di chi l’ha calpestata forte. Ma chi la ferisce cambia ogni volta le scarpe. La mia terra è coraggiosa. Ha più guerre da combattere che armi per difendersi. E guarisce ogni ferita con l’acqua di mare. E brucia troppo. Brucia da morire. La mia terra ha lo sguardo lontano del pescatore, la sua pazienza e il suo spirito di accettazione.

La mia terra è maliziosa. Innamora e fa ritornare. Bacia senza labbra, seduce tra sabbia e neve. La mia terra è vecchia e bimba. Ha rughe profonde come solchi in una terra arida. Ma ha anche una bocca senza denti, come i neonati, come gli anziani parcheggiati sulle panchine dei parchi. La mia terra non è serena. E quando soffre troppo, trema.

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