Dei segni e dell’accettazione

Dei segni e dell’accettazione

Articolo di Martino Ciano già pubblicato per Zona di Disagio

Ecco, ti sei fatto crescere la barba solo per renderti più vecchio, così diranno che sei passato dalla parte del tempo che scorre, che incede inesorabile. È prova di saggezza accettare la disfatta, la lenta discesa.

La vita di provincia è prevedibile, segue sempre le stesse tappe, ossia aspirazioni, aspettative che mai si realizzano, ma ci speri, hai la giovinezza dalla tua parte, poi ti arrendi e dici “ci ho provato”; poi viene la tristezza per il fallimento, ma non fa niente, passerà tutto, anche quel gusto amaro che ti pervade il palato, è successo a tutti, non hanno il coraggio di dirlo ai quattro venti, ma fidati, sentirsi “finito” vuol dire anche che il meglio deve ancora arrivare.

Soffrire per le aspettative perdute è comunque qualcosa, significa che una briciola di vitalità è rimasta in te. Dovrai preoccuparti quando, come il Caligola di Albert Camus, dirai che il dramma si è compiuto perché anche il ricordo della sofferenza passata non susciterà in te nessuna reazione, quando anche il dolore vissuto ti sarà indifferente. Bene, quando questo accadrà sarà la resa, ossia la pace dei sensi e sarai pronto per essere “sereno” per andartene dal mondo. Ti farai un ultimo pianto e con quelle lacrime firmerai il tuo armistizio. È successo a tanti, succederà anche a te che credevi di essere vincente.

Un uomo finito non è spacciato, ma ha solo terminato il suo ciclo. Una cosa è certa, non te la prenderai con i giovani rampanti e impavidi; godrai dei loro successi e attenderai il tuo turno, in una prossima vita, ché oggi la reincarnazione è una credenza tornata di moda. L’antico concetto del riciclo della vita è uno degli aspetti più importanti che il capitalismo odierno ha fatto proprio, le merci hanno sempre “n” possibilità, anche le anime. Attendi il tuo turno, la tua versione 2.0.

Un uomo di provincia ha uno sguardo privilegiato. Lontano dalla vita metropolitana desidera meno, può abbandonarsi prima alla sua caduta. E anche se tu dovessi scegliere di andare verso quei palazzi, quelle folle oceaniche, quei giardini pubblici, quei centri commerciali in cui sarai pronto a essere uno tra miliardi, ics tra vocali e altre consonanti, penserai alla provincia e a quando avevi un solo nome e un solo cognome, una sola amarezza e una sola dimenticanza, una dissociazione e una crisi di allegria, la distruttiva necessità di essere sempre te stesso, per poi augurarsi ogni sera di chiudere gli occhi il prima possibile.

Sei un uomo di provincia, di questo ringrazia. Puoi beneficiare di un’ipocrisia che lì, nella metropoli, tutti condannano ma molti invidiano, ossia la capacità di comprendere che nulla cambia per davvero, nonostante la buona volontà profusa sia nei piccoli che negli immensi spazi… a patto che tu non abbia la sfacciataggine di non essere mai te stesso.

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